La leggenda del pino

Finalmente apparvero le case di Betlemme.

Era l'ora in cui gli uomini, lasciato il lavoro, s'affrettano amorevoli verso le case e il giovane, riconducendo i bovi alla stalla, ha in bocca uno stornello, come un rametto fiorito.
Era l'ora in cui i camini fumano e la massaia stende la tovaglia della cena sulla grande tavola della cucina.
Il cielo illividito si era chinato verso la terra in un raccoglimento di nevicata. Eppure gli uccelli continuavano a volare sugli alberi nudi e i galli continuavano a cantare nei pollai già chiusi, come se il giorno, invece di finire, stesse per cominciare.

La Madonna si reggeva a fatica, per la stanchezza del lungo cammino, e Giuseppe aveva nel cuore una gran pena per la santissima creatura che affrontava tanti disagi in una stagione tanto avversa. Dove l'avrebbe fatta riposare? Dove avrebbe bussato a chiedere un giaciglio?

La notte di Natale, il pino...La Madonna quasi sveniva, e dal cielo cominciavano a cadere dei bianchi petali, come da grandi mandorli in fiore quando c'è vento.

Giuseppe corse verso le case di Betlemme a cercare un luogo dove passare la notte. La Madonna restò a pregare al riparo di un albero. E l'albero si rizzò sul tronco e le fece largo tirando i rami verso la cima e distendendoli a ombrello.

La neve sfarfallava intorno e imbiancava ogni cosa. Ma sotto l'albero spiccava, isoletta scura, un cerchio di terra. E in quel cerchio asciutto, la Madonna aspettò il ritorno di Giuseppe.

"Benedetto" disse, "tu che mi hai riparata".

E il pino rimase, da allora, un sempreverde ombrello d'una aerea bellezza che rallegra la vista e conforta lo spirito.
Nella polpa dei suoi semi è racchiusa l'immagine delle sante mani che si levarono a benedirlo.
E sotto i suoi rami, poi che la Madonna vi respirò la sera di Natale, l'aria è balsamo a chi vi si sofferma.
E dal tronco, se lo ferisci, geme una resina che bruciata profuma come incenso davanti all'altare.

(Autore ignoto)